Noi appassionati di cucina sana e alimentazione consapevole sappiamo che i cibi fermentati sono un toccasana per l’organismo. Ma cosa esattamente siano, come agiscono e quanti ne servano, però, sono curiosità oscure ai più. Vediamole assieme!
La fermentazione è una tecnica di preparazione antica che modifica la struttura di un alimento, conferendogli oltre ai vantaggi nutrizionali e di gusto anche caratteristiche che gli permettono una maggior durata nel tempo. Ciò che dà il via al processo sono l’aggiunta di determinati tipi di batteri – gli starter – o addirittura dei soli acqua e sale – la cosiddetta fermentazione “selvaggia” – a categorie quali quella della frutta, dei cereali, dei legumi, dei germogli, di molte bacche ed erbe spontanee. Dopo ore, giorni o mesi, a seconda della metodologia scelta, della qualità e quantità di cibo usata, della temperatura ambientale e del grado di fermentazione voluto, otteniamo il risultato desiderato. Più facile a farsi che a dirsi se pensiamo che vino, aceto, birra, crauti e pane nascono con questa tecnica e fino a pochi anni fa venivano prodotti normalmente in casa. Oggi invece nelle abitazioni di chi ama l’auto produzione sono diffusi il kefir e il kombucha, bevande che vengono anche definite “elisir di lunga vita”.
I vantaggi nutrizionali sono la promozione della produzione di diverse vitamine come la C, che ha funzione di antiossidante, la K, che migliora la capacità coagulativa, e quelle del gruppo B, indispensabili per il metabolismo cellulare. I lactobacilli contenuti nei fermentati favoriscono la digestione di proteine e carboidrati, fortificano la flora batterica intestinale “buona” e tengono sotto controllo quella “cattiva”.
Non serve mangiarne grandi quantità, ma un po’ tutti i giorni con costanza, bastano anche tre cucchiai; dobbiamo però essere metodici e capire che il beneficio non è miracoloso, ma sicuramente combinato a uno stile di vita corretto (quindi completo di attività fisica e astinenza da fumo) ci può fornire un valido aiuto.